Gestione rifiuti urbani in azienda: strategie, norme e opportunità

Introduzione

La gestione dei rifiuti urbani aziendali è un’attività all’apparenza semplice, ma in realtà complessa e articolata: per affrontarla in modo corretto è necessario pianificare una strategia incentrata sulla sicurezza e sull’ottimizzazione dei costi. 

A prescindere dalla dimensione aziendale, è essenziale però che le procedure seguite siano in linea con le prescrizioni di legge: questo è il primo passo per assicurare il pieno rispetto delle norme nazionali e comunitarie su produzione, raccolta, trattamento, smaltimento e recupero dei rifiuti. Un tema chiave, dunque, verso il quale l’Unione Europea riserva sempre maggior attenzione (anche in termini sanzionatori). 

La verità è una: ogni azienda produce rifiuti. Eppure, questa comune condizione non si traduce in adempimenti uguali per tutte le imprese. Gli scarti devono essere classificati in modo differente a seconda della loro origine e composizione, così come secondo quelle caratteristiche specifiche che ne determinano le singole modalità di raccolta e trattamento.  

I rifiuti urbani aziendali rappresentano una sorta di “livello base” in questo mare magnum: per la loro natura sono assimilabili ai rifiuti domestici e, in quanto tali, richiedono procedure diverse a seconda della tipologia e delle possibilità di riciclo. Conoscere normative, metodi di raccolta e smaltimento, nonché obblighi di legge, è quindi fondamentale per strutturare strategie ad hoc e coglierne appieno le opportunità, senza compromettere le potenzialità di sviluppo dell’impresa.  

La carta vincente, in questo scenario, è rappresentata dall’implementazione di processi personalizzati, in grado di indirizzare i rifiuti verso lo smaltimento o il corretto recupero in ottica circolare. Un approccio che solo consulenti specializzati, dall’esperienza comprovata e con competenze diversificate, può garantire davvero.  

 

Grafico Rifiuti urbani

Quali sono i rifiuti urbani: classificazione

La normativa è quindi il primo tema su cui è necessario soffermarsi per chiarire il contesto in cui si inquadra la gestione dei rifiuti urbani. Di questo tema si occupa in particolare il Dlgs 152/2006 Norme in materia ambientale”, che all’articolo 184 definisce i rifiuti urbani come “rifiuti domestici che provengono da abitazioni civili e locali commerciali, il cui smaltimento è gestito dalla Pubblica Amministrazione sulla base di contributi fiscali (TARI)”.

Secondo le disposizioni in vigore – come indicato dal Dlgs 116/2020 ai sensi dell’art.183 comma 1 lett. B-ter – sotto la categoria “rifiuti urbani” ricadono allora 6 tipologie di scarto. 

 

  • 1_8 I rifiuti domestici indifferenziati e provenienti dalla raccolta differenziata.

  • 2_7 I rifiuti derivanti dallo spazzamento delle strade e dallo svuotamento dei cestini.

  • 3_7 I rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade e aree pubbliche o private ma soggette ad uso pubblico oppure, ancora, sulle spiagge e sulle rive dei corsi d’acqua.

  • 4_6 I rifiuti derivanti dalla manutenzione del verde pubblico, come foglie e sfalci d’erba.

  • 5_4 I rifiuti legati ad attività cimiteriali, esumazioni ed estumulazioni.

Differenza tra rifiuti urbani e speciali 

Questi rifiuti, genericamente definiti “urbani”, sono ben distinti da quelli indicati come “speciali”. Il Dlgs 152/2006 riporta che la differenza tra rifiuti urbani e rifiuti speciali risiede nella loro origine 

I secondi, infatti, sono quelli derivanti da attività industriali, agricole, commerciali e di servizi, secondo l’art.184 del D.lgs. 152/2006, come gli scarti di lavorazioni industriali oppure legati alle attività di demolizione o costruzione. Tra le novità introdotte con il recente Decreto Rifiuti (D.Lgs. 116/2020), una particolarmente rilevante riguarda l’assimilazione di alcuni rifiuti speciali a rifiuti urbani, quando possono essere considerati simili per composizione e natura. Pertanto, rientrano come “rifiuti speciali” alcune tipologie come quelle indicate di seguito.

 

  • 1 Scarti di attività agricole e agro-industriali.

  • 2 Materiali derivanti da demolizioni, costruzioni e attività di scavo.

  • 4_3 Rifiuti da lavorazioni industriali, da lavorazioni artigianali, da attività commerciali e da attività di servizio.

  • 4 Scarti di attività di recupero e smaltimento di rifiuti, fanghi da potabilizzazione, trattamenti delle acque, depurazione delle acque reflue e abbattimento di fumi.

  • 5 Rifiuti da attività sanitarie.

  • 6 Macchinari e apparecchiature deteriorati e obsoleti.

  • 7 Veicoli a motore, rimorchi e simili fuori uso e loro parti.

Come vengono smaltiti i rifiuti urbani aziendali

Questa distinzione non è solo formale. Tra rifiuti urbani e rifiuti speciali esiste, infatti, una differenza cruciale a livello di procedure da attuare per lo smaltimento. In linea generale, lo smaltimento dei rifiuti urbani e degli assimilati fa capo alle amministrazioni comunali, che ne delegano la raccolta ad aziende specializzate nella gestione dei rifiuti. I rifiuti speciali richiedono invece l’intervento di ditte autorizzate al recupero e smaltimento. 

Per effettuare un corretto smaltimento dei rifiuti urbani, l’azienda deve seguire alcuni passaggi chiave, partendo da scelte strategiche di base. 

  • 01 Optare per forniture di materiali riciclabili, per abbassare la quantità di rifiuti indifferenziati e non recuperabili, incrementando il riciclo secondo i principi dell’economia circolare. 

  • 02 Dotare l’azienda degli appositi contenitori per la differenziazione dei rifiuti urbani o assimilabili (bidoni, cestini o contenitori in plastica, acciaio inossidabile o materiale riciclato).

  • 03 Raccogliere e suddividere i rifiuti urbani e assimilabili in contenitori appositi e separati (suddividendo scarti residui, plastica e polistirolo, carta e cartone, vetro e rifiuti organici).

  • 04 Separare rigorosamente i rifiuti urbani dai rifiuti speciali, pericolosi e non pericolosi, i quali non possono essere affidati al servizio di raccolta pubblica.

  • 05 Se tale separazione non è tecnicamente possibile o si rivela economicamente insostenibile, l’azienda è tenuta a individuare soluzioni alternative: in questo caso si rende fondamentale un consulto con i centri di raccolta locali, nel caso attraverso l’intermediazione di consulenti specializzati.

  • 06 Seguire le corrette procedure in termini di deposito temporaneo, in vista dello smaltimento secondo un criterio quantitativo o temporale.

  • 07 Avvalersi del servizio di raccolta e smaltimento messo in atto dalle pubbliche amministrazioni in base ai criteri quali-quantitativi definiti dagli specifici regolamenti, considerando che la riduzione della tariffa rifiuti è definita in base alle quantità di assimilati avviati dal produttore direttamente al recupero. 

Quali sono i rifiuti urbani pericolosi  

Questo lungo iter deve tener conto anche di un’altra importante distinzione: quella tra rifiuti urbani pericolosi e non pericolosi. I rifiuti urbani pericolosi (RUP) contengono al loro interno sostanze pericolose e che devono essere gestite secondo un flusso separato: tra i RUP, i principali sono i medicinali scaduti e le pile. Quelli non pericolosi, invece, sono i prodotti di attività industriali, aziende e presidi sanitaritutti quelli, quindi, che non hanno una provenienza urbanaassimilabili agli scarti domestici.

 

Normativa sulla gestione dei rifiuti urbani aziendali

A questo punto è evidente: lo scenario in cui si inquadra il processo di gestione dei rifiuti urbani aziendali risulta decisamente complesso e articolato. Come essere certi, allora, di agire rispettando le normative in vigore e, al contempo, di implementare le soluzioni più adeguate alle proprie esigenze? La chiave sta nella scelta di un partner qualificato 

Un know-how specifico consente infatti all’impresa di divincolarsi fra prescrizioni e obblighi di legge che si estendono dal piano nazionale sino a quello comunitario. Se, infatti, da un lato l’UE ha stabilito nuovi ambiziosi obiettivi in merito al riciclo delle varie tipologie di rifiuti, definendo linee guida per incentivare il riutilizzo e garantire una maggiore tracciabilità degli scarti, dall’altro il nostro Paese ha recepito le nuove direttive europee attraverso il già menzionato Decreto Rifiuti (D.Lgs. 116/2020), con il quale sono state introdotte novità per produttori, intermediari e commercianti di rifiuti.   

Tra le principali modifiche introdotte, il comma 2-bis dell’art. 198 riconosce alle utenze non domestiche la facoltà di conferire al di fuori del servizio pubblico comunale i propri rifiuti urbani. Le imprese, dunque, possono ora consegnare questa tipologia di scarto a un soggetto autorizzato che rilascerà un’apposita attestazione. Questo può avere conseguenze di un certo impatto sull’elaborazione della relativa tariffa rifiuti. 

Padroneggiare le nuove norme, e le opportunità da loro fornite per ottimizzare costi e processi, è quindi il primo passo per implementare una gestione efficiente dei propri rifiuti e per evitare le sanzioni previste in caso di trasgressione.

 

Responsabilità Estesa del Produttore, come orientarsi

Ma le accortezze da attuare non finiscono qui. Altrettanta attenzione, infatti, va posta a un altro cruciale principio, che regola una parte essenziale della gestione dei rifiuti nel Vecchio Continente: la Responsabilità Estesa del Produttore o Extended Producer Responsibility (EPR). 

In base a questo concetto, ai produttori di rifiuti spetta la responsabilità finanziaria – oppure, congiuntamente, finanziaria e operativa – della gestione della fase del ciclo di vita in cui il prodotto diventa scarto, incluse le operazioni di raccolta differenziata, cernita, recupero o smaltimento. I produttori di rifiuti sono dunque chiamati a farsi carico del fine vita dei prodotti da loro stessi immessi sul mercato, attraverso una forma di responsabilità attuata in forma individuale o collettiva. Assumono, quindi, rilevanza temi quali: 

  • L’informazione verso il pubblico. 

  • L’adozione di programmi di prevenzione dei rifiuti. 
  • Il miglioramento del prodotto a partire dalla fase di progettazione, così da favorire l’estensione del tempo di vita utile. 

  • La riutilizzabilità, la riparabilità, la riciclabilità e il recupero dei componenti e dei materiali. 

La principale novità, però, riguarda l’istituzione di un  Registro Nazionale dei Produttori, al quale sono tenuti a iscriversi tutti i soggetti sottoposti al nuovo regime di responsabilità e nell’ambito del quale sono previste sanzioni amministrative e pecuniarie nel momento in cui si verificasse la mancata o incompleta trasmissione dei dati.

Recupero e riciclo dei rifiuti urbani

In questo articolato quadro di obblighi e adempimenti, le aziende devono porre l’attenzione anche su un ulteriore aspetto, sempre più centrale nelle politiche ambientali comunitarie: fare dello scarto una nuova risorsa con l’applicazione dei principi di economia circolare.  
 
Per raggiungere questo obiettivo è essenziale implementare una strategia integrata e modulare, che si snodi dall’analisi progettuale, al riciclo degli scarti industriali, fino alla definizione di accordi commerciali con i partner più idonei. Attuare questo paradigma consente di promuovere il riutilizzo dei materiali in successivi cicli produttivi, riducendo al massimo gli sprechi e conservando il più a lungo possibile il valore dei prodotti. Per questo, la strategia deve partire da un’iniziale analisi dei materiali di scarto dell’azienda, affiancata da opportune indagini sulle opportunità di riciclo, le quotazioni del mercato e le dinamiche dei prezzi.  
 
Su questa base, è possibile poi individuare soluzioni per riutilizzare o riciclare i propri scarti, selezionando i trasportatori e gli impianti di recupero più adeguati, in grado di garantire la gestione virtuosa dello specifico scarto industriale in oggetto. 

Un esempio pratico: lo smaltimento imballaggi  

Proporre un caso concreto è il modo migliore per comprendere adempimenti, potenzialità e obblighi a carico delle imprese. Ad esempio, come si smaltiscono gli imballaggi? Sappiamo che, a livello comunitario, i target su questo fronte sono particolarmente ambiziosi: il riciclo degli imballaggi in plastica dovrà raggiungere il 50% entro il 2025 e il 55% entro il 2030, quelli in vetro il 70% entro il 2025 e il 75% entro il 2030, mentre quello degli imballaggi in carta e cartone il 75% entro il 2025 e l85% entro il 2030.

Obiettivi di riciclo imballaggi in plastica:

€50 %

Entro il 2025

€55 %

Entro il 2030

 

Obiettivi di riciclo imballaggi in vetro:

 

€70 %

Entro il 2025

€75 %

Entro il 2030

 

Obiettivi di riciclo imballaggi in carta e cartone:

 

€75 %

Entro il 2025

€85 %

Entro il 2030

 

In Europa, i sistemi di Responsabilità Estesa del Produttore hanno trovato uno dei primi campi di applicazione proprio nel contesto degli imballaggi, prevedendo che i produttori di questi materiali si assumano la responsabilità per la gestione di tali rifiuti. Difatti, sono tenuti a finanziare il sistema di gestione degli scarti e a garantire che i rifiuti siano raccolti, riciclati e smaltiti in modo corretto ed efficiente. 

Con il Dlgs 116/2020, l’Italia ha poi recepito la relativa Direttiva europea in materia stabilendo che i produttori versino un contributo finanziario per coprire i costi per la raccolta, il trasporto e il trattamento dei rifiuti di imballaggi sostenuti dai Comuni: l’entrata in vigore di questo regime è fissata al 2024. Inoltre, entro il 31 ottobre di ogni anno, questi soggetti sono tenuti a comunicare i dati di gestione al Registro Nazionale dei Produttori. Il regime sanzionatorio, in caso di mancato rispetto degli obblighi in materia di EPR, è definito dallo stesso Decreto legislativo. 

Consulenza per la gestione dei rifiuti in azienda  

Troppi obblighi cui badare e prescrizioni cui adempiere? Individuare un partner esperto e di comprovata esperienza è la mossa cruciale. In questo campo scegliere Haiki+ fa la differenza: si tratta di una società che offre servizi altamente qualificati di raccolta, gestione, trasporto e recupero dei materiali, con un focus specifico sulle strategie di circolarità.  

Forte di un network nazionale di impianti innovativi e specializzati, Haiki+ è un interlocutore unico in grado di fornire servizi personalizzati per soddisfare tutte le esigenze in materia di gestione e trattamento dei rifiuti.  

Le imprese possono così contare su un sistema integrato di gestione ambientale per migliorare le loro performance di circolarità, in piena compliance normativa, così come su percorsi di formazione ad hoc e sulla certezza che gli adempimenti normativi non vengano solo rispettati, ma trasformati in nuove opportunità per il business.

Consulenza per la gestione dei rifiuti in azienda  

Ecco, dunque, il cuore pulsante di tutto questo lungo excursus: scegliere il giusto partner cui affidare la gestione dei rifiuti urbani aziendali. Questa è infatti la chiave di volta per garantire efficienza operativa, ottimizzazione dei costi e rispetto delle normative. Ecco alcuni criteri da seguire per scegliere un consulente in linea con le esigenze di business.

  • icona 1 Scegliere un partner che sappia trasmettere il valore del processo di gestione rifiuti, che non deve essere percepito come una mansione fine a sé stessa, ma come fonte di nuovi profitti e opportunità.

  • icona 2 Scegliere un partner che spinga l’azienda verso strategie produttive eco-sostenibili, sempre più al centro delle preferenze dei consumatori e della fiducia del mercato.

  • icona 3 Scegliere un partner che sia in grado di offrire soluzioni innovative per la gestione dei rifiuti aziendali, indipendentemente dalle quantità prodotte.

  • icona 4 Scegliere un partner che opti per una gestione integrata dei rifiuti, suggerendo una strategia operativa che copra tutte le fasi del processo: dalla progettazione alla raccolta, dal trasporto alla valorizzazione, dalla gestione amministrativa dei rifiuti alla consulenza sino allo sviluppo di nuove filiere, fino al recupero o residuale smaltimento dei rifiuti non recuperabili.

  • icona 5 Scegliere un partner che vanti il pieno presidio delle filiere più importanti, indirizzando i rifiuti a un network di impianti dotati di tecnologie evolute e di soluzioni verticali.

  • icona 6 Scegliere un partner che sappia diventare l’unico interlocutore dell’azienda in materia di gestione ambientale, con servizi su misura, customer service dedicato e aree web capaci di consentire un monitoraggio costante delle attività.

  • icona 7 Scegliere un partner che possa vantare un’identità vocata alla sostenibilità, possibilmente certificata da un sistema integrato di gestione della qualità e dell’ambiente.

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